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Non è la prima volta, ma mi ero dimenticato come si viaggia in pullman. Non devi guidare, quando hai sonno dormi e ti svegliano alla tappa successiva. Guardi il panorama, ti lasci andare agli stupori e pensi, una deriva di pensieri che vanno dal qui all’altrove. In molti di questi luoghi c’ero già stato, durante un viaggio di molti anni fa in marocco con una vecchia R4, ma è come se fosse la prima volta. Di allora ricordo solo dove mi ero fermato ed ero sceso dall’auto. I paesaggi non sono cambiati. La luce è la stessa. Qualche abitazione in più lungo le strade che attraversano l’Atlante. Pochi piccoli villaggi, dove le donne vanno al fiume per lavare i panni, bambini che giocano a pallone davanti alle scuole e giovani senza lavoro accovacciati lungo i muri scaldati dal sole.
Quando ci si avvicina ai villaggi più grandi e in espansione si notano subito i nuovi condomini, non molto alti, senza balconi. E sotto, nella strada, la vita che scorre sempre nello stesso modo, apparentemente. Nelle città più grandi sono sorti anche nuovi quartieri con la voglia di essere moderni, come attorno alla stazione di Marrakech. Hotel, residenze e negozi assomigliano molto a quelli di altre città nel mondo. Abbiamo trovato un caffè (Miroircafè) arredato da architetti italiani, con un’ottima pasticceria non solo marocchina e un’ottima cioccolata calda. Niente di esotico per noi, ma frequentato non dai soliti turisti.
L’immagine della piazza Djemaa el Fna è rimasta quasi la stessa, vista dall’alto. Mentre l’attraverso penso che i turisti sono gli stessi, assomigliano a quelli di allora. Forse sono cambiati gli abitanti di Marrakech. Al tramonto vengono in piazza con la famiglia, ancora si affollano attorno ai banchetti e alle esibizioni. Nel chiasso delle musiche, tra asini, motorini e carrozze, passeggiano ragazzi e ragazze uguali ai giovani di quasi tutto il mondo.