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Il viaggio inizia a Tamanrasset: 1970 km da Algeri, altitudine 1377 m, lat 22° 47′ N, long 5° 31′ E
– L’emozione è forte quando attraverso la distesa di sabbia. Lo sguardo scivola lontano cercando punti a cui aggrapparsi. Mentre la jeep corre rumorosa al centro di quello che un tempo era il letto di un fiume.
– I rami secchi dell’albero serviranno a scaldare l’acqua per il tè. Non è vero che nel deserto non c’è acqua: non si vede, perché è poca, è nascosta: scompare subito dopo la stagione delle piogge e a volte riaffiora dove c’è un seme.
– Non c’è bellezza nella natura, non c’è arte. Ma c’è solo stupore. Stupore perché trovo in natura ciò che mi sono immaginato. E immagino ciò che vedo. Sono dietro gli occhi e nello stesso tempo dietro lo specchio.
– Il tempo è legato ai granelli di sabbia. Non è un caso che l’uomo abbia usato la clessidra per misurare lo scorrere del tempo. La sabbia si muove e si trasforma lentamente: è il tempo della Terra in un battere di ciglia umane: quasi impercettibile.
– Il vento mescola la sabbia e l’accumula a ridosso delle cime rocciose. Un manto perfetto (uniforme e livellatore), che ricopre le asperita e si aggrappa con i lembi alle rocce.
– La solitudine è un sentimento e una condizione sociale. Ma qui, nel deserto, la solitudine ce l’ho negli occhi, la sento nelle orecchie, l’annuso. E’ una solitudine che non genera disperazione.
– Il vento che sbriciola le rocce e muove la sabbia. Il sole che asciuga la terra e la trasforma in polvere.
– Sono linee morbide e superfici lisce che ricordano la pelle. Qualcosa di vellutato e piacevole che si mescola nei colori e nell’aria.
– Due figure riconoscibili. Sembrano opera della natura, dell’uomo e dell’inconscio.
– Solo le nostre voci nel silenzio a perdita d’occhio del deserto.
– L’acqua nascosta tra le pieghe della sabbia.
– Sfoglie di sabbia conservano i segni della stagione delle piogge.
– La natura non è mai verosimile.
– Sotto i piedi la sabbia è morbida e compatta.
– Un copertone usato, una latta ammaccata ed una corda di nylon. Il pozzo non è molto profondo, e l’acqua è quasi limpida. Sento una storia che passa accanto a questo pozzo. I nomadi del deserto, del Sahara.
Hoggar
– La pista che porta all’eremo di Padre de Foucald si arrampica in un paesaggio di roccia e pietre.
– La sabbia, il cielo, l’albero e la luce. È il punto d’incontro di tutti gli elementi. L’emozione è soggettiva. Ma negli occhi ci sono secoli di culture e linguaggi che hanno lasciato una traccia visiva.